I vantaggi della ‘filosofia immortalista’

– Quanto segue è tratto dal libro Rebirthing di Jim Leonard e Phil Laut

Quinta Parte

La Filosofia Immortalista

Si può dire che ci siano due tipi di contesto: uno favorisce l’integrazione, l’altro porta la depressione (in quanto considera certe cose negative o sbagliate). In questa parte discuteremo il contesto in cui vengono osservate la vita e la morte.
Chi considera la propria vita in un contesto integrativo trova facile e naturale prendersi la responsabilità di tutto ciò che gli succede.
Chi considera la propria vita in un contesto negativo si ritiene una vittima.
Queste tendenze si estendono e includono gli atteggiamenti personali sulla morte.
Per una persona il cui atteggiamento fondamentale nei confronti della vita consiste nel considerarsi una vittima, è naturale dare per scontato che la morte sia inevitabile, e che sia programmata in ogni cellula del corpo.
Per questa ragione chiameremo questo tipo di atteggiamento ‘mortalista’.
Per una persona che gioisca della vita e che si prenda le proprie responsabilità per quello che le succede, è naturale ritenere che la morte, in qualsiasi momento arrivi, sia risultato di un desiderio conscio inconscio di morire. Siccome questo tipo di persone ritengono che la morte sia una scelta, e non necessariamente inevitabile, ci riferiremo esse come ‘immortalisti’.
Il sistema di contesti che deriva dall’idea che la morte sia il frutto di una scelta è conosciuto col termine di ‘filosofia immortalista’, ed è in pieno accordo con la filosofia stessa dell’integrazione.

La morte come scelta

Adottare la filosofia immortalista significa accettare che sia possibile ottenere la completa padronanza del proprio corpo e del proprio destino, e poi fare del proprio meglio per ottenerla.
Non c’è vantaggio degno di nota nell’idea che si debba morire, che lo si voglia o no.
Similmente, non c’è svantaggio degno di nota nel tenere aperta la possibilità di poter ottenere la completa padronanza sul proprio corpo e sulla propria vita.
Si tratta semplicemente di una scelta personale su ciò che si pensa.
La gente pensa di dover morire e muore da secoli ormai, e sembra che per molti vada bene così.
Per il lettore che contempli le idee che costituiscono la filosofia immortalista, a questo punto non fa differenza se l’immortalità fisica si possa davvero ottenere.
Non affermiamo infatti di offrire la vita eterna: quello che offriamo è un’alternativa all’idea che si debba per forza morire.

Non affermiamo infatti di offrire la vita eterna: quello che offriamo è un'alternativa all'idea che si debba per forza morire.

L’idea è che anche se poi si finisce per morire, la vita sarà molto più piena e godibile se vissuta partendo dal punto di vista che la vita o la morte sono frutto di una scelta individuale.
O non si muore, o la morte è in qualche modo in qualche punto del nostro futuro: in entrambi i casi non ha nulla a che vedere con la vita che si sta vivendo adesso.
I pensieri sulla morte, tuttavia, hanno molto a che vedere con la qualità della vita nel presente.

Non c'è vantaggio degno di nota nell'idea che si debba morire, che lo si voglia o no.

Capitolo 43

I cinque svantaggi fondamentali del pensare di non avere scelta sulla morte

Ci sono cinque svantaggi fondamentali nel non cambiare idea sul fatto che la morte sia inevitabile e che perciò non si abbia possibilità di scelta in materia. Questi svantaggi giocano un ruolo fondamentale in quasi ogni esempio di sofferenza umana, e sono: paura, senso di impotenza, apatia, limitazioni e autoinganno.

1. Paura

Per la maggior parte delle persone che non hanno elaborato granché sui loro pensieri riguardo alla morte, ci sono probabilmente meccanismi di dualità in contesto negativo che hanno una morte come adattamento coercitivo.

Questo tipo di adattamento è conosciuto come pulsione di morte. Pensare che la morte sia al di là del nostro controllo rende necessario reprimere la pulsione di morte. Il risultato di questa repressione è che non si può fare niente contro la pulsione di morte, per cui tutte le parti della personalità che non vogliono morire saranno in uno stato di costante paura a causa del facile controllo che la pulsione di morte assumente, corpo e azioni. Non solo questa paura rende difficile rilassamento, ma mette un’ulteriore barriera fra persona e la propria mente inconscia. Fintanto che non ci si può prendere la responsabilità della propria pulsione di morte, non la si può integrare, il che lascia solo l’opzione fa paura conscia o inconscia.

Esempi grafici fra i più comuni di dualità in contesto negativo che hanno la morte come adattamento coercitivo.

2. Senso di impotenza

Non c’è differenza fra sentirsi impotenti e pensare di non essere responsabile di qualcosa.
Se ci si assume la responsabilità di qualche cosa e si tenta di cambiarla, si può riuscire, o si può fallire e poi riuscire in un secondo tempo, o si può fallire del tutto. Se non ci si assume la propria responsabilità non si prova nemmeno a fare qualcosa, per cui si può solo fallire. Tutto il vantaggio sta quindi nell’assumersi le proprie responsabilità su tutto, che si riesca o no a capire come siamo responsabili. Non assumersi la responsabilità di qualcosa di importante come la propria vita o morte conduce un senso dilagante di impotenza. Questo senso di impotenza non può che caratterizzare tutto ciò che si fa. Inevitabilmente, molta energia deve essere deviata allo scopo di reprimere questo senso di impotenza, e tale pratica non fa che rinforzarlo e farlo crescere.

3. Apatia

Se si è convinti che fra un anno al massimo non si sarà più in vita a godere dei benefici di ciò che si sta facendo nel presente, questo certamente causerà apatia.  A che scopo accumulare ricchezze se non si può portarle con sé? A che scopo conservare l’ambiente naturale se non si potrà goderne di persona? Perché non uccidere (se stessi, per esempio) se tanto quella persona deve comunque morire? A che scopo occuparsi della propria salute e tanto meno di quella del pianeta? A che pro cominciare a studiare la lingua straniera a settanta anni? Se si è convinti che la morte sia inevitabile si ritiene di non avere questo tipo di apatia probabilmente è stata repressa e sta dominando la nostra vita a livello inconscio. Si può fare una pausa, e domandarsi quale metodo si usi per reprimerla.

4. Limitazioni

Dire che la morte sia inevitabile significa dire che il tempo sia limitato. Se il tempo che abbiamo è limitato, così è la capacità di fare qualsiasi esperienza, di conseguenza questo ci fa sentire tutto come più limitato di quanto non sia veramente.
Questa condizione è conosciuta come modo di pensare limitato. Un esempio del modo di pensare limitato è l’idea che la ricchezza sia limitata. In realtà la ricchezza non è affatto limitata; ogni volta che qualcuno fa qualcosa di produttivo crea nuova ricchezza. Anche l’avidità è il risultato di un modo di pensare limitato. Se si pensa che la morte sia inevitabile si ritiene di conseguenza che anche la propria vitalità sia limitata in termini di tempo; questo dà l’esperienza che la vitalità sia limitata nel presente, il che limita lo scorrere dell’energia vitale nel corpo.

5. Autoinganno

In ogni momento, la mente inconscia riceve tutte le informazioni percepite dai sensi, e decide quale parte di questa informazione verrà ricevuta dalla mente conscia (circa il 4%, secondo gli studi di alcuni psicologi).
Ogni volta che si muore, c’è una causa. In quasi tutti i casi la mente inconscia riceve abbastanza informazioni su quella causa da poterla prevenire in tempo. Se la mente inconscia ci conduce alla morte invece che in salvo, è ovviamente un fatto intenzionale, e la convinzione che la morte sia inevitabile non permette alla mente conscia di accorgersi della scelta di morire fatta dalla mente inconscia. Questa è una forma particolarmente grave di autoinganno.
(Il rebirthing rende più consapevoli del proprio corpo, in tal modo riduce in maniera significativa questo tipo di autoinganno).

Oltre ai cinque  svantaggi fondamentali derivati dal pensare che la morte sia inevitabile, abbiamo scoperto che questa convinzione è la fonte principale di:
– malattia
– depressione
– pulsione suicida
– desiderio di vendetta
– desiderio di difendere se stessi e gli altri

Finché si è vivi è impossibile provare con certezza che si morirà. Nonostante questo la maggior parte della gente si è lasciata convincere da figure di autorità, a un’età particolarmente impressionabile, che sarebbe certamente morta entro un periodo di tempo relativamente breve. Preghiamo i lettori di prendere in considerazione l’idea di mettere fine a questa incontestata fedeltà alla morte. Per chiunque provi piacere nel avere un corpo fisico, e abbia integrato la maggior parte della propria coercitiva pulsione di morte, è naturale considerare come proprio obiettivo principale la totale padronanza del corpo fisico. ‘Totale padronanza del corpo fisico’ significa mantenere uno stato di ottima salute fisica in qualsiasi momento, in qualsiasi circostanza, e include la prevenzione di incidenti, malattie, invecchiamento e morte.
È facile vedere come padronanza sul corpo significhi anche padronanza sulla mente, sul mondo fisico e sullo spirito.

Credere che sia possibile ottenere la piena padronanza del corpo, che è come dire che la morte non sia inevitabile finché il corpo è ancora vivo, ha molti vantaggi.

Non c'è differenza fra sentirsi impotenti e pensare di non essere responsabile di qualcosa.
Tutto il vantaggio sta quindi nell'assumersi le proprie responsabilità su tutto, che si riesca o no a capire come siamo responsabili.
Confronto tra filosofia mortalista e immortalista

Non sosteniamo di conoscere il futuro. Non sosteniamo neppure di avere la certezza che noi, o chiunque altro, vivremo per sempre. Questo perché sappiamo di avere una mente inconscia, la cui caratteristica è di non essere a conoscenza del proprio contenuto.

Tuttavia sappiamo con certezza che i risultati sono prodotti da pensieri, consci o inconsci, e che quando chiunque manifesta un dato risultato, inclusa la morte, è segno che aveva l’intenzione, conscia o inconscia, di farlo.

Abbiamo visto così tante volte risultati magnifici ottenuti da persone di nostra conoscenza mettendo in questione il pensiero che la morte sia inevitabile: tenere aperta la possibilità che qualsiasi barriera possa essere superata è molto più produttivo che chiudere la propria mente e dare ogni limitazione per assoluta. Cosa pensare?
La scelta sta a ciascuno di noi, individualmente.

Tenere aperta la possibilità che qualsiasi barriera possa essere superata è molto più produttivo che chiudere la propria mente e dare ogni limitazione per assoluta.
La scelta sta a ciascuno di noi, individualmente.
Conclusione del capitolo ' Filosofia Immortalista' tratto dal libro Rebirthing di Jim Leonard e Phil Laut -
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