Come Ulisse con le sirene

LE EMOZIONI DEL PASSATO SONO SIRENE CHE VOGLIONO DIVORARE IL NOSTRO PRESENTE

Nella nostra quotidianità spesso, molto spesso, subentra il passato con i suoi ricordi.

Ed è molto facile che tra i ricordi possano essere preminenti quelli dolorosi; in quanto quelli più intensi e decisivi per il nostro vissuto.

Ricordi impregnati di emozioni che creano immediati “ponti” col passato facendoci rivivere quelle emozioni come reali nell’adesso.

Emozioni così intense che possono influenzare il nostro presente.

Ma è un seducente incantesimo. Non è la realtà.

Quel passato è “passato”. Noi siamo qui e non siamo più quelli di quel passato: con quelle persone, in quelle situazioni, in quei luoghi.

Nulla di ciò che è stato è ancora. Ancora Ora.

Quel dolore non ha forza e non è reale se non nella nostra mente; e non ha altro scopo che alimentare le nostre identificazioni se non siamo vigili e attiviamo il nostro Osservatore Interno.

Il corpo di dolore cresce col protrarsi del dolore.
Anche se non c’è più nessun reale motivo di sentire quel dolore. Di fatto non serve a noi ma al nostro Non sé: lui si nutre del perdurare del nostro dolore.

Ricordiamoci che ogni dolore ha una causa. E ogni causa può essere risolta.

Poiché ogni causa è generata da un principio.

E, per Legge Naturale, ogni principio ha una sua fine.

Poiché tutto è transitorio, il dolore non può essere eterno come tende a farci credere la nostra mente identificata che si fortifica con le nostre credenze, specie quelle “negative”.

Come ogni inizio ha una sua fine, ogni dolore ha un suo svolgimento e una sua risoluzione.

Il Tempo necessario a questa risoluzione è definito e proporzionale a COME lo impieghiamo.

O usiamo il Tempo per continuare a rivivere certe seducenti emozioni passate, identificandoci con esse e alimentandole (alimentando la nostra identificazione con ciò che non siamo), o osserviamo che ciò che sentiamo nell’adesso e rimaniamo nell’adesso, utilizzando l’intensità di tali emozioni per alimentare la nostra Presenza. O ci facciamo ossessionare e possedere dal passato o ci liberiamo e viviamo nel presente.

Ma, attenzione.

Da che la mente comprende che ad ogni principio segue una fine… allora cerca subito di sganciarsi da quell’identificazione e cerca di eliminarla con false speranze cadendo nell’altro micidiale errore di pretendere “tutto e subito” con la fatidica “bacchetta magica” risolutrice, finendo di nuovo per soffrire dissociandosi dall’adesso nel volere una risoluzione che al momento non c’è perché invece di accogliere le dolorose emozioni che emergono le vuole fuggire, eliminare.

Ogni cosa che si cerca di fuggire ed eliminare torna e ritorna. Sempre più intensa.

Non c’è nessuna soluzione nella fretta che separa.

Non c’è nessuna “facile” soluzione fuori di noi.

Nulla può realmente finire se non viene trasformato – col giusto tempo di integrazione – alla luce della consapevolezza.

Nel momento in cui siamo identificati con le emozioni e soffriamo per questo, la soluzione non è cercare di volerle eliminare.

La soluzione è fermarci e osservarle iniziando il Viaggio verso la disidentificazione.

È sempre il Viaggio e non la meta ciò che realmente conta.

Metterci in Viaggio vuole dire stare nell’adesso: portare attenzione ad ogni singolo passo, passo dopo passo.

Fare come Ulisse con le sirene: se vuole tornare a Casa non le può evitare e non può neanche farsi sedurre e divorare.

Di fronte a certi “mostruosi” attaccamenti al passato dobbiamo saperci legare alla verticalità dell'”albero maestro” e osservare mantenendoci vigili.

Legati, ancorati alla nostra Presenza. Qui, Ora.

Premunendoci adeguatamente affinché il nostro bio-veicolo (i marinai) non si lasci sedurre da certe emozioni, da ciò che non siamo, che non è reale.

Attendendo che tutto passi.

Rincuorati dal sapere che tutto – tutto – passa.

Esserci o no, fa la differenza.

 

Buon Viaggio, in Presenza.

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